Possiamo ancora parlare di “vino buono” o di consumo moderato quando la scienza lancia l’allarme?
Sempre piùstudi dimostrano che nessun tipo dialcolico è davvero innocuo, indipendentemente dal bicchiere o dalla quantità. Dietro l’immagine conviviale dell’aperitivo si nasconde una realtà più oscura: un aumento del rischio di malattie, in particolare di cancro, ed effetti dannosi sulla salute mentale e cardiovascolare.
Quindi, alcuni alcolici sono davvero “meno” dannosi di altri? La risposta, secondo la ricerca, è molto più complessa di quanto sembri.

Il mito del vino rosso “protettivo
Per anni la pubblicità ha esaltato i benefici del vino rosso, grazie soprattutto ai polifenoli, i composti antiossidanti presenti nella buccia dell’uva. Per molto tempo si è pensato che uno o due bicchieri a settimana potessero proteggere il cuore e il fegato, riducendo il rischio cardiovascolare.
Ma studi recenti, come quelli pubblicati su The Lancet, contraddicono questa convinzione.
La ricerca moderna sta quindi sfumando l’idea romantica del vino come “amico del cuore”. Secondo l’OMS, nessuna quantità dialcol è sicura. Il famoso “bicchiere di vino rosso al giorno” non è più una guida alla salute, ma un retaggio culturale difficile da cancellare.
Birra, vino o liquori: tutti nella stessa barca
Che si parli di birra, vino o liquori, gli effetti sulla salute sono ampiamente comparabili. Le differenze percepite hanno più a che fare con il modo in cui si consuma la bevanda che con il tipo di bevanda.
I bevitori di birra, ad esempio, tendono a consumare quantità maggiori a causa del minor contenuto di alcol per bicchiere. Gli amanti dei superalcolici, invece, assorbono una dose più concentrata, causando un effetto più rapido sul fegato e sulla salute mentale.
Chi pensa che il vino sia “meno” dannoso si sbaglia: secondo uno studio europeo, l’incidenza di alcuni tipi di cancro (in particolare il cancro al seno e al fegato) è altrettanto alta tra gli amanti del vino che tra gli altri bevitori abituali.
Le differenze di rischio sono quindi marginali. Non è il tipo di alcol che conta, ma la quantità, la frequenza e la durata dell’ esposizione.
Una questione di dose… e di frequenza
L’OMS raccomanda di limitare drasticamente il consumo di alcol. Per un adulto sano, questo significa un massimo di 1 o 2 bicchieri a settimana, con giorni di astinenza totale.
L’organismo non metabolizza l’alcol in modo lineare: una bevanda cosiddetta “moderata” può avere effetti cumulativinel tempo. Il fegato, il principale organo di disintossicazione, subisce l’impatto diretto di queste quantità ripetute, provocando infiammazione, fibrosi e persino cirrosi.
Le donne sono ancora più vulnerabili. A causa della minore massa corporea e del minore contenuto di acqua, il loro corpo concentra una maggiore quantità di etanolo. La stessa quantità di alcol avrà quindi un effetto più marcato rispetto agli uomini, aumentando il rischio di cancro al seno o al fegato.
Gli studi sono unanimi: anche un consumo ridotto può portare a malattie croniche. E contrariamente a quanto suggeriscono alcuni bar e campagne pubblicitarie, nessun tipo di alcolico offre una reale “protezione”.
Il ruolo della prevenzione e della ricerca
La prevenzione si basa su tre pilastri: informazione, regolamentazione e supporto. I messaggi pubblicitariche promuovono i presunti benefici del vino devono essere controllati, poiché mascherano la realtà dei problemi di salute.
Gli studi epidemiologici, finanziati da agenzie pubbliche indipendenti, sottolineano che la percezione di un consumo di alcol “basso” o “più naturale” non è altro che un miraggio del marketing.
Il professor Kevin Shield, dell’Università di Toronto, sottolinea in uno studio pubblicato su The Lancet che il cosiddettoeffetto “protettivo” esiste solo nelle popolazioni con un consumo molto basso, e anche in questo caso non compensa mai il rischio complessivo.
Gli sforzi di prevenzione devono includere anche la salute mentale: dipendenza, ansia, disturbi del sonno e riduzione della concentrazione sono tra gli effetti più trascurati.
E se cambiassimo il nostro rapporto con l’alcol?
Oggi sempre più ricerche invitano a ripensare il nostro rapporto culturale con il bere. Il vino, la birra e gli alcolici non sono nemici isolati, ma simboli di una complessa relazione sociale con il relax, la festa e l’emozione.
Esistono delle alternative: bevande senza alcol, cocktail a base di frutta o semplicemente una moderazione consapevole. I dietologi e gli specialisti della prevenzione consigliano anche di diversificare i piaceri: sport, natura, riposo, meditazione… tutto ciò che libera il cervello dal bisogno di un “comfort drink”.
Come dimostra la ricerca mondiale, la chiave non è vietare, ma informare, sostenere e offrire scelte sane. La guida alla salute moderna si basa su una semplice idea: un corpo libero da dipendenze vive più a lungo, meglio e più libero.
In poche parole
- Nessun tipo di alcol è davvero “meno” pericoloso.
- I presunti effetti positivi del vino rosso sono superati dai suoi rischi cancerogeni.
- La prevenzione, la moderazione e la trasparenza rimangono le uniche armi reali contro le malattie legate al consumo.
E se il vero lusso non fosse più un bicchiere di vino, ma la salute preservata?